
Essere paragonati alle pecore (perdute o ritrovate) può sembrare poco lusinghiero per la maggior parte delle persone oggi … eppure le pagine della Bibbia sono disseminate di riferimenti alle pecore e alla pastorizia: nella Bibbia ebraica, la cura del pastore per le sue pecore è una delle metafore più comuni dell’amore e della preoccupazione di Dio per il suo popolo eletto.
Un buon esempio di quanto sopra ci è offerto dal testo del salmo responsoriale di oggi: «Il Signore è il mio pastore, non mi mancherà nulla».
Nella prima lettura – invece – il profeta Geremia non usa mezzi termini nel condannare i re di Israele per la scarsa qualità della loro “leadership” : li definisce “miserabili”, in quanto pastori che permettono che il gregge di Dio venga distrutto e disperso; questi “leader” erano più preoccupati di difendere il proprio potere e di arricchire se stessi, più che di proteggere e prendersi cura delle persone, che erano stati incaricati di servire.
In ogni caso – come ci insegna Geremia – l’amorevole preoccupazione di Dio per il suo popolo rimane sempre presente e costante: Lui stesso diventerà il loro pastore, e susciterà Davide “che regnerà da vero re e sarà saggio, praticando l’onestà e l’integrità nel paese”.
Nel Vangelo possiamo invece osservare Gesù in prima persona che, dopo una giornata piuttosto frenetica di movimento, si ritira con i suoi compagni più stretti in un luogo solitario per riposarsi un poco … ma il riposo sarà di breve durata poiché, una volta arrivati a destinazione, lui e i suoi discepoli vengono accolti da una grande folla.
Gesù risponde a questa situazione con premura e compassione, infatti l’Evangelista Marco ci racconta che «Il suo cuore fu mosso a pietà per loro, perché erano come pecore senza pastore», e che si mise ad insegnare loro molte cose.
L’insegnamento era solo una parte del ministero di Gesù, che era soprattutto un ministero di apertura compassionevole verso le persone, in particolare verso “le pecore smarrite della casa d’Israele”.
A differenza del modo con cui spesso ci comportiamo noi, l’approccio di Gesù alle persone non è mai stato moralistico: al centro del suo ministero c’era la preoccupazione per il loro benessere integrale!
Vediamo così prendere vita il ritratto biblico di un Dio amorevole, che si rimbocca le maniche per compiere di persona il lavoro che nessun altro avrebbe potuto fare:
- Il Dio Creatore che dona nuova vita;
- Il Dio fedele che dimora in mezzo al suo popolo;
- Il Dio severo e tenero che si oppone incessantemente a tutto ciò che distrugge la creazione
( e in particolare l’uomo, specialmente quando è nel bisogno e nella sofferenza”)
Come discepoli di Gesù, chiamati ad essere suoi testimoni, noi siamo invitati ad imitare la tenerezza compassionevole di Gesù, per dare loro una parole di conforto, e sostenerle nelle loro necessità: in questo modo possiamo contribuire a creare un mondo più giusto e aperto agli altri.
Circa due mesi fa Papa Francesco, nell’incontrare un gruppo di sacerdoti presso l’Università Pontificia Salesiana, ha invitato loro ad essere veri sacerdoti, pastori gioiosi e caparbi che rischiano e cercano anche i più lontani da Dio, a imitazione del Buon Pastore Gesù Cristo, cioè pastori secondo il cuore di Dio, pastori con un cuore sufficientemente libero per mettersi a servizio di chi ha bisogno e si trova nello smarrimento o nella miseria.
Come discepoli di Cristo ricordiamoci che siamo da Lui inviati a condividere l’amore e la verità di Dio con gli altri!
Possano queste letture ispirarci e guidarci nel nostro cammino di fede!
Il Signore ci benedica!
Roma 21 Luglio 2024
Fr. Isaiah Mwango, SDB